A circa seicento metri dalla diga foranea di Grado, in mare aperto, è ubicata una vasta rovina subacquea, conosciuta come Ciesa de San Gottardo, o Piere de San Gottardo, che copre un’area di ben quattromila metri quadri.

E’probabile che il vicus portuensis di Grado, nel momento di massima espansione dei traffici dell’emporium di Aquielia, che con il suo porto commerciale vedeva centinaia di transiti di onerarie, abbia avuto un nucleo di popolazione civile.

E questa rovina di vestigia d’epoca romana, è costituita da resti di abitazioni civili, di probabili valli di difesa marittima e di lapidi riferibili a una via sepolcrale.

Limita la zona tra l’attuale diga foranea e il mare aperto, ove giace verso sud-ovest, comprendendo anche la località di San Grisogono, zona coltivata con orti fino alla metà del XVIII secolo.

Da quest’antico abitato si dipanava una strada che raggiungeva il castrum, sulla quale erano posti i monumenti funerari di cui sono state rinvenute molte epigrafi, oggi custodite lungo il fianco settentrionale della basilica di Sant’Eufemia. Di queste, si sono perfettamente conservate le porzioni rimaste per secoli a contatto con la sabbia del fondale, mentre quelle esposte all’acqua sono state soggette a una forte aggressione erosiva.

Ed è proprio alla forte erosione del mare che è da imputare la scomparsa di quest’abitato che, nonostante il nome dedicato al santo, non ha mai palesato alcun elemento che testimoniasse l’esistenza di una chiesa cristiana.

Gotthard, priore di Benedettini del chiostro bavarese di Niederaltaich, fu canonizzato da Papa Innocenzo II nel 1131 e, dopo la santificazione, il suo culto si divulgò in tutto il Friuli. A lui è riconducibile la capacità miracolosa di domare acque e fiumi e quindi gli è attribuita la valenza di tutela e protezione, in senso lato: con ogni probabilità, vista la funzione di primo avamposto a difesa dall’irruenza dello scirocco, questo scoglio probabilmente già in rovina fu dedicato al Santo dalle genti dell’isola.

E un’affascinante ipotesi lascia aperta la possibilità che, sul lato più esposto ai capricci di acque e venti, gli sia stata dedicata una piccola chiesa.

Scomparsa assieme a quelle presenti sulle isole foranee, la cui ubicazione è oggi unicamente rammentata nel testamento del patriarca gradese Fortunato.

Nelle immagini sottostanti, le epigrafi restituite dal mare.

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